CONSIDERAZIONI DI UN AMICO
Dalla lettura degli articoli, riguardanti la triste vicenda della Rimini Calcio avvenuta la bellezza di 28 anni, appare evidente la dubbia validità di quel fallimento “concordato” che ha favorito qualcuno e rovinato tanti altri, principalmente Bottega che sta ancora pagando fino alla possibile perdita della casa, sperando non si arrivi alle estreme conseguenze!
Addebitando a Bottega tutte le conseguenze di quel fallimento, dagli scritti e dai documenti dell’epoca si evince che “la giustizia” non ha fatto il suo corso, sorvolando su alcuni gravi reati commessi da chi aveva determinati interessi (associazione a delinquere finalizzata alla truffa – turbativa d’asta – favoreggiamento) ! Ora mi auguro che la città accolga il grido di dolore di Bottega prima di giungere a prevedibili e tragiche conseguenze.
LA MIA RISPOSTA ALL’APPELLO DELL’ON. CHICCHI
In riferimento alle dichiarazioni dell’ex Sindaco di Rimini, Giuseppe Chicchi, per amore di Verità vorrei dire la mia. Su di me si è abbattuto il peso più grande, e penso anche immeritato, del fallimento della Rimini Calcio.
In primo luogo desidero ringraziare Chicchi per la lucida analisi e la vera e reale ricostruzione di quella storia, come aveva già fatto nel suo libro autobiografico “la formazione” uscito nel 2011 e del quale mi fece dono con dedica alla presentazione.
Mi preme riconoscere la sua buona fede nell’avere adempiuto al mandato ricevuto dal Consiglio comunale il 14 gennaio 1993 (giorno del mio incidente quasi mortale, che ho cercato di ricostruire insieme ad altri passaggi salienti di quel periodo sul sito orfeobottega.it) finalizzato ad individuare chi potesse rilevare la Rimini Calcio.
Già allora era la Cocif l’azienda interessata all’acquisto del 60% della società per 400 milioni delle vecchie lire corrispondenti alla fidejussione per l’iscrizione al campionato. La trattativa tramontò al primo incontro, poiché l’azienda voleva da me una fidejussione liberatoria di accollo del debito di un miliardo a fronte di un capitale giocatori-titolo sportivo di pari importo circa.
Impossibilitato a far fronte a questa richiesta ho concluso il campionato tra mille difficoltà, trascinate ed incrementate al campionato successivo in quanto le banche mi bloccarono tutti i finanziamenti in essere, pertanto fui prima consigliato e poi costretto a chiedere la liquidazione per tornare in bonus, ma in soli 40 giorni fu organizzato e concordato (tra l’assessore al Bilancio poi nominato curatore e successivamente dimissionato, il giudice fallimentare, la banca che mi bloccò tutti i finanziamenti in essere, i miei consulenti che diventarono della stessa Cocif la quale all’asta non volle concorrenti…) il fallimento per gravi insolvenze, di fatto inesistenti, mentre sussisteva una temporanea mancanza di liquidità per i motivi cui ho fatto cenno.
Nel 1995 gli ispettori del ministero della Giustizia mi “interrogarono” per conoscere le motivazioni della non opposizione al fallimento, poiché secondo loro non esistevano le condizioni per dichiararlo.
La vera storia del fallimento della Rimini Calcio dovrà prima o poi essere scritta per intero.
Le parole di Giuseppe Chicchi fanno giustizia morale ma non materiale rispetto a quanto avvenuto e di quanto ora ulteriormente chiarito.
Ora, giunti alla fine della corsa, riconosco l’onestà intellettuale del sindaco di allora per essersi interessato, dopo tanto tempo (28 anni), venuto a conoscenza della mia drammatica situazione: ho perso tutto il patrimonio di famiglia e continuo ancora a pagare, la mia salute è stata minata come conseguenza di quanto avvenuto in tutti questi anni, ho fatto le spese della discriminazione ed emarginazione da ogni attività lavorativa.
Sono lusingato dall’appello «affinché le ferite ancora aperte possano finalmente essere rimarginate», lanciato da Giuseppe Chicchi alla città, perché lo interpreto come il primo passo verso la giustizia. E’ un appello rivolto a tutti, a partire dalle istituzioni pubbliche e private, agli imprenditori, alle associazioni benefiche, una richiesta di aiuto a salvare il tetto sotto il quale abito, dopo tante sofferenze sopportate cristianamente per intercessione del Beato Marvelli e la recita quotidiana della preghiera di Kirk Kilgour:
“Chiesi a Dio di essere forte per eseguire progetti grandiosi;
Egli mi rese debole per conservarmi nell’umiltà.
Domandai a Dio che mi desse salute per realizzare grandi imprese;
Egli mi ha dato il dolore per comprenderla meglio.
Gli domandai la ricchezza per possedere tutto:
mi ha fatto povero per non essere egoista.
Gli domandai il potere perché gli uomini avessero bisogno di me:
Egli mi ha dato l’umiliazione perché io avessi bisogno di loro.
Domandai a Dio tutto per godere la vita:
mi ha lasciato la vita perché io potessi apprezzare tutto.
Signore non ho ricevuto niente di quello che chiedevo,
ma mi hai dato tutto quello di cui avevo bisogno e quasi contro la mia volontà.
Le preghiere che non feci furono esaudite.
Sii lodato; o mio Signore, fra tutti gli uomini nessuno possiede quello che io ho.”
Ringrazio fino d’ora per l’ospitalità che vorrete concedermi e porgo cordiali saluti.
Orfeo Bottega
REPLICA ALL’ARTICOLO DEL CORRIERE
Egregio Dr. Letta buongiorno,
dopo qualche giorno di sorpresa e stupore vorrei ringraziarla per aver pubblicato anche parzialmente quanto in oggetto indicato. Per amore di verità, e deontologia professionale avrei gradito la pubblicazione integrale del mio intervento che intendeva sottolineare e ribadire i concetti così ben espressi dall’Onorevole Chicchi che ha letto i due articoli recenti e ricorda la … storiaccia, mi ha telefonato o scritto avendo capito molto poco di questo piccolo dibattito: il mio intendimento era di riconoscere a Chicchi la vera ricostruzione dei fatti (verità) che la vicenda del fallimento ha avuto dei responsabili, che non ero io (giustizia) e ribadire l’appello di Chicchi alla solidarietà materiale aderendo ad una sottoscrizione così titolata “salviamo la casa di chi ha salvato il calcio il 29 aprile 1994” Grazie per l’ospitalità
in fede Orfeo Bottega